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Luigi Pirandello, interprete delle
problematiche dell'epoca
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Il Decadentismo
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Luigi Pirandello
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Introduzione
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Cenni Biografici
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Pensiero e poetica
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"Il fu Mattia
Pascal"
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Il Grande
Drammaturgo
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Considerazioni
personali
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Il Decadentismo
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Le origini del decadentismo
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Il Decadentismo ebbe origine in
Francia e si sviluppò in Europa tra il 1880 e il primo decennio del Novecento.
Il Decadentismo rappresenta una reazione agli aspetti ideologici, morali e
letterari del Positivismo. In queste poche righe analizzeremo il rapporto tra
Progresso e Decadentismo.
Progresso
e Decadentismo
All’iniziale fervore ed entusiasmo
del Positivismo verso le scoperte e le innovazioni tecnologiche agli
inizi del XX secolo, segue, nel mondo culturale e letterario, un
atteggiamento di sfiducia e di critica anche nei confronti del “Progresso”:
questo movimento letterario e culturale
viene denominato Decadentismo.
Secondo i Decadenti, il “Progresso” non è altro che una
apparenza, che, oltre ad alienare l’uomo, lo abbaglia, facendogli credere più
facile e comoda l’esistenza: in realtà, il progresso rende più vuota la vita
dell’uomo. Il termine
"decadente" ebbe, in origine, un senso negativo; fu infatti rivolto
contro alcuni poeti che esprimevano lo smarrimento delle coscienze e la crisi
dei valori di fine Ottocento, sconvolto dalla rivoluzione industriale, dai
conflitti di classe, da un progressivo scatenarsi degli imperialismi.
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Luigi Pirandello
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Introduzione
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Pirandello è
probabilmente l'autore che meglio rappresenta il periodo che va dalla crisi
successiva all'Unità d'Italia fino all'avvento del fascismo. Pochi come lui ebbero coscienza dello
scacco subito dagli ideali del Risorgimento e dei complessi cambiamenti in
atto nella società italiana.
Sul piano
letterario, il suo punto di partenza fu, come per gran parte degli autori
nati nella seconda metà dell'Ottocento, il naturalismo. Fin dalle prime
opere il soggetto delle rappresentazioni pirandelliane non furono le classi
popolari, bensì la condizione della piccola borghesia. Lo scrittore seppe
sviluppare una corrosiva critica di costume, cogliendo in profondità la
crisi delle strutture tradizionali della famiglia patriarcale.
Questa
visione esistenziale assunta dalla
sua ricerca lo avvicina molto alle posizioni di alcuni dei più grandi
scrittori europei di questo secolo, e forse anche per questo che Pirandello
è stato uno dei pochi scrittori italiani del Novecento capace di
raggiungere una fama mondiale. Basti pensare che ancora oggi i suoi drammi
sono, dopo quelli di Shakespeare, i più rappresentati in tutto il mondo.
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Cenni Biografici
Luigi
Pirandello, nacque ad Agrigento nel 1867, compì i suoi studi liceali a
Palermo, successivamente si recò a Roma per frequentare l’Università ma vi
rimase solo due anni perché poi si iscrisse al corso di laurea in Lettere
presso l‘Università di Bonn (in Germania) dove si laureò in Glottologia nel
1891.
Tornato in
Italia nel 1892, prese residenza a Roma, dove trascorse poi gran parte della sua
vita, collaborando a vari giornali e riviste, e insegnando per oltre
vent'anni letteratura italiana presso l'Istituto Superiore di Magistero (dal
1897 al 1922).
Nel 1904
ebbe inizio una grave crisi mentale della moglie (afflitta da una forma
morbosa di gelosia), che costituì per lo scrittore una vera e propria
tragedia familiare, e che non rimase, forse, senza influsso sulla sua
dolorosa concezione del mondo.
Negli anni
del dopoguerra si dedicò sempre più decisamente all'attività teatrale e fu
così che nel 1925 fondò a Roma il Teatro d'arte, dando vita - per alcuni anni
- ad una propria compagnia drammatica.
Nel 1934,
mentre si faceva sempre più largo e profondo l'interesse suscitato in tutto
il mondo dalla sua opera teatrale, gli fu conferito il Premio Nobel per la
Letteratura.
Morì a Roma, in seguito ad un attacco di
polmonite, nel 1936.
Nel venticinquesimo anniversario della morte le
sue ceneri sono tumulate nella villa de “Il Caos” ai piedi del pino pluricentenario, sotto il quale era solito soffermarsi a
pensare, a dipingere e a scrivere agli amici
Ultima
volontà
« Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai
nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno.
Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo,
in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro
d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né
parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi.
E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure
la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna
cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella
campagna di Girgenti, dove nacqui ».
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Pensiero e poetica
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Il Fu Mattia Pascal
Il suo primo grande
successo fu Il fu Mattia Pascal, scritto nelle notti di veglia alla moglie
paralizzata alle gambe. Il libro fu pubblicato nel 1904 e subito tradotto
in diverse lingue. La critica non dette subito al romanzo il successo che
invece ebbe tra il pubblico. Numerosi critici non seppero cogliere il
carattere di novità né di questo
romanzo, né di altre opere di Pirandello.
La vicenda presenta un
uomo, schiacciato da un'opprimente situazione familiare, che, creduto morto
mentre invece aveva vinto una grande somma al casinò, decide di crearsi una
nuova vita, cambiando sia l’ aspetto esteriore, che la città e l’ identità.
Il senso di liberazione, però, dura poco, in quanto egli non riesce a
ricostruirsi una vita, visto che gli si presentano ovunque ostacoli
improvvisi ed insormontabili: viene derubato e non può denunciare il furto,
non può possedere un cane perché dovrebbe pagare l'apposita tassa, ama una
ragazza e non può sposarla. Non gli resta che ritornare nei suoi panni
reali, ma anche questo gli risulta impossibile: i suoi familiari, amici e
conoscenti hanno già ricostruito una vita in cui non c'è più posto per lui.
Con “Il Fu Mattia
Pascal" Pirandello sconvolge il rapporto tradizionale tra voce
narrante e trama, in quanto chi parla in prima persona è il fu Mattia Pascal.
Anche la struttura temporale del romanzo è sconvolta, in quanto l'opera si
apre quando la vicenda si è già conclusa, ed il protagonista-narratore
guida il lettore nell'intricata storia, fingendo di affidarla ad un
manoscritto che dovrà essere letto soltanto 50 anni dopo la sua terza ed
ultima morte.
Ne Il fu Mattia Pascal
Pirandello applica, sempre per la prima volta, le sue teorie sull'umorismo:
la realtà, attraverso il gioco assurdo del caso viene ridicolamente
alterata, suscitando il comico, ma a questo è accostata l'effettiva
sofferenza del protagonista; scatta il sentimento del contrario, in cui
tragico e comico sono inseparabilmente congiunti.
Pirandello
e il Progresso nel Fu Mattia Pascal
Pirandello afferma che
l’uomo, a lungo andare, si accorgerà che il progresso non ha nulla a che
fare con la felicità e che tutte le scoperte non arricchiscono l’umanità,
essendo solo apparenza, ma la impoveriscono, provocando l’alienazione e
l’inaridimento interiore.
Egli riassume il suo
giudizio sul progresso tecnologico nelle pagine del “Il fu Mattia Pascal”
nel capitolo IX Adriano Meis (alias Mattia
Pascal) si trova a Milano e, frastornato dai rumori, dai tram elettrici
(introdotti da poco) e dalla vista della folla, riflette sulle conseguenze
del progresso tecnico, negando che la felicità sia prodotta dalla scienza e
che le macchine possano servire a migliorare la condizione dell'uomo
esse, anzi, obbligano l’uomo
all’allontanamento dai ritmi e dalla semplicità della Natura, rendendone
più complicata e meno spontanea la vita, già imbrigliata dalle
organizzazioni sociali
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Il Grande Drammaturgo
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Pirandello divenne famoso
proprio grazie al teatro che chiama “Teatro dello specchio”, perché in esso
viene raffigurata la vita vera, quella nuda, amara, senza la maschera
dell'ipocrisia e delle convenienze sociali, di modo che lo spettatore si
guardi come in uno specchio così come realmente è, e diventi migliore.
Scriverà moltissime opere, alcune della quali perfezionamenti delle sue
stesse novelle, che vengono divise in base alla fase di maturazione
dell'autore: prima, seconda e terza fase.
Nella prima fase, quella del “Teatro Siciliano”, Pirandello è alle prime armi
e ha ancora molto da imparare. Anch'essa come le altre presenta varie
caratteristiche di rilievo e in questo caso abbiamo il fatto che esso è
scritto tutto, interamente in lingua siciliana perché considerata dall'autore
più viva dell'italiano ed esprime di più l'aderenza alla realtà.
Mano a mano che l'autore si distacca dal verismo e si avvicina al
decadentismo si ha l'inizio della seconda fase con il teatro umoristico con
numerose stravaganze; infatti Pirandello presenta personaggi che rompono le
certezze del mondo borghese introducendo la versione relativistica della
realtà. Lo scopo del drammaturgo è quello di denudare Le Maschere. Lui stesso
definirà il suo teatro “Teatro dello specchio”, perché rappresenta la vita
nuda con le sue realtà, dove si ci riflette con una maschera che nasconde
l'ipocrisia e tutti gli aspetti delle persone.
Nella terza ed ultima fase, quella
del “teatro nel teatro” (metateatro) le cose
cambiano radicalmente, per Pirandello il teatro deve parlare anche agli occhi
non solo alle orecchie, e proprio per questo utilizza la tecnica del
palcoscenico multiplo, in cui vi può per esempio essere una casa divisa in
cui si vedono varie scene fatte in varie stanze contemporaneamente.
Pirandello abolisce anche il concetto della quarta parete, cioè la parete
trasparente che sta tra attori e pubblico: in questa fase, infatti,
Pirandello tende a coinvolgere il pubblico che non è più passivo ma che
rispecchia la propria vita in quella agita degli attori sulla scena.
Pirandello inizia a
scrivere per il teatro e a pubblicare sin dagli anni ’90. Nel 1918, raccoglie
tutti i suoi testi teatrali sotto il titolo di MASCHERE NUDE. Il significato
del titolo è chiarito dallo stesso Pirandello nell’"Avvertenza"
aggiunta al "Fu Mattia Pascal" nel 1924: egli vuole togliere al
personaggio la maschera sotto la quale egli solitamente tenta di nasconderlo,
per presentare al lettore la "nuda verità", l’essenza vitale
dell’uomo, spesso fuori dalla norma e inserito in vicende portate al limite
del paradosso.
Alcune tra le principali opere:
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Sei personaggi in cerca d’autore;
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Questa sera si recita a soggetto;
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Enrico IV;
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L’uomo dal fiore in bocca;
·
Il giuoco delle parti;
·
Così è (se vi pare);
·
Pensaci, Giacomino!;
·
Il berretto a sonagli;
·
di uno o di nessuno;
·
La nuova colonia;
·
I giganti della montagna.
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Considerazioni
personali
Pirandello, a mio avviso,
è un “Decadente sui generis”. Prima di
tutto, è senza dubbio un intellettuale vero,
ma non è un uomo che di fronte alle contraddizioni sociali prova una
sofferenza che va in profondità, anche se le sa utilizzare come forma di
autoaffermazione, e non si piange addosso come il Verga.
Al centro della
concezione pirandelliana c’è il contrasto tra apparenza e sostanza. La
critica delle illusioni va di pari passo con una drastica sfiducia nella
possibilità di conoscere la realtà: qualsiasi rappresentazione del mondo si
rivela inadeguata all‘irraggiungibile verità della vita, percepita come un
flusso continuo, caotico e inarrestabile.
In questo senso
Pirandello resta uomo modernissimo e, se si vuole usare la parola
"decadente", lo si deve fare non in riferimento al suo modo di
gestire la cultura, ma solo al rifiuto consapevole di andare sino in fondo
nell'analizzare il malessere della vita sociale.
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